Il “reclusorio pei discoli” di Bologna Indagine storico-educativa sulle pratiche di internamento dei soggetti devianti e marginali
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.1970-2221/3744Parole chiave:
internamento, spersonalizzazione, correzione, isolamentoAbstract
Vi sono settori dove la ricerca storico-pedagogica è costretta a procedere necessariamente attraverso una ricomposizione di dati marginali, di scarti, di indizi per tentare di ricostruire una trama e un senso altrimenti sfuggenti. Nelle pagine seguenti si tenterà di illustrare gli esiti di un’indagine volta a ricostruire nei suoi aspetti storici ed educativi il funzionamento del “Reclusorio pei discoli” di Bologna, istituito il 18 luglio 1822 per volontà del Cardinal Legato: Giuseppe Spina. Perché si sviluppò la Casa di correzione? La risposta a tale interrogativo la cercheremo indagando nel tessuto socio-economico-culturale-religioso della città nel periodo della Restaurazione. Verrà perciò affrontata la questione relativa alla nascita dell’istituto; in secondo luogo saranno presi in considerazione i meccanismi di potere –cioè le misure di controllo, la disciplina, la vita laboriosa – nonché le pratiche interne che scandivano la giornata dei reclusi. La distribuzione della giornata del recluso e l’organizzazione del Reclusorio si rivelano, ad uno sguardo pedagogico, densi di implicazioni. L’educazione era ritenuta un’arte concernente il perfezionamento morale degli internati; dunque, educazione come correzione, prima di tutto. Si trattava di un itinerario pedagogico esemplare, al tempo stesso simbolico, scandito da pratiche e consuetudini che si svolgevano secondo una doppia modalità: l’una tesa a vigilare, contenere, correggere e castigare, l’altra orientata a riplasmare la personalità del recluso secondo le pratiche della perfezione cristiana, la sottomissione, la disciplina del corpo, il lavoro obbligatorio e la vita in comune.
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